Stefano Belotti è un giovane campione italiano di tuffi e medaglia d’oro ai Mondiali Juniores; ci ha raccontato il suo percorso verso il successo, condividendo anche aneddoti personali ed alcune sfide superate per eccellere nello sport.
In seguito l’intervista svolta da due membri della redazione di Cassandra il 31 ottobre 2024.
Come hai iniziato la tua carriera nel tuffo e cosa ti ha attratto di questo sport?
“Ho iniziato a 8 anni. I miei genitori gestivano il bar delle piscine Italcementi ed io, dopo la scuola, vedendo sugli spalti dei giovani atleti che facevano capriole e cose simili mi sono appassionato a questa disciplina. Già dalla prima settimana di tuffi le mie sensazioni erano più che positive, amavo tutto ciò e anche a casa facevo i tuffi sul letto. Fin da subito si è acceso in me un qualcosa che mi ha attratto immediatamente.”
Quali sono state le principali sfide che hai affrontato all’inizio della tua carriera?
“Nel corso della mia carriera di sfide ne ho incontrate diverse, anche abbastanza complicate. A livello sportivo, i primi tuffi complicati in cui si deve alzare il livello delle proprie prestazioni (e questo ovviamente fa parte del percorso di qualsiasi atleta). Anche a livello non sportivo ne ho affrontate diverse. Per esempio, 2-3 anni fa, dopo la perdita di mio padre, ho voluto interrompere l’attività sportiva per qualche mese; però, poi, grazie ai miei allenatori, al mio mental coach e a tutto il mio staff sono riuscito a recuperare questa mia grande passione.”
Puoi descrivere un giorno tipico di allenamento e quali aspetti ti sembrano più importanti?
“La giornata tipo varia in base al giorno della settimana. Di solito si basa sull’allenamento alla mattina allo Zero-Gravity di Milano, dove prepariamo i tuffi più complicati nella gommapiuma, così da non farci male quando li proviamo poi in acqua. Tornati da Milano, subito senza pranzare, ci alleniamo dalle 13 fino alle 20:30 circa. Questo allenamento si divide in una fase di palestra (con i pesi), una fase di acrobatica e di ginnastica a terra e poi i tuffi. Per concludere, vi è la fase di stretching che caratterizza la fine di tutti gli allenamenti. Quindi dedico all’attività sportiva circa 9-10 ore al giorno. La parte più importante dell’allenamento è una giusta dieta che migliora le tue prestazioni e che ti garantisce le energie necessarie per l’allenamento. È essenziale rimanere sempre concentrati perché qualsiasi errore che commetti può diventare un’abitudine; si deve cercare di cogliere al meglio quello che dice l’allenatore. Sono tante le correzioni per ogni tuffo.”
Qual è il tuffo che consideri più difficile e quali abilità richiede?
“Il tuffo che considero più difficile nel mio programma è quello con quattro capriole e mezzo dalla piattaforma dei 3 metri. Richiede una preparazione molto lunga e complessa; stiamo cercando di perfezionarlo da quasi cinque anni, ma non riesco ancora a farlo sempre perfettamente. Questo tuffo richiede molta elasticità, potenza e eleganza; il tuffo, alla fine, è anche uno sport che esprime bellezza e grazia. È molto complicato a causa delle sue rotazioni, le quattro e mezzo in tre metri, che lo rendono particolarmente impegnativo. Per questo, è fondamentale allenarsi costantemente. Abbiamo cercato di portarlo anche alle competizioni internazionali, come gli Europei, ma non sempre è riuscito come avremmo voluto. Perciò, sto continuando a lavorare su questo tuffo, cercando di portarlo al meglio per le gare future e sperando di riuscire a vincere qualche competizione.”
Come gestisci la pressione e l’ansia durante le competizioni?
“La fase della gara è molto diversa dall’allenamento. Durante l’allenamento, puoi fare molti tuffi, ripetendo costantemente i movimenti; in gara, specialmente nelle competizioni internazionali, potresti fare un solo tuffo ogni 3 ore. Questa differenza rende la gestione dell’ansia e della pressione completamente diversa. Per affrontarla, mi avvalgo di un preparatore atletico che mi aiuta a dare il meglio durante il tuffo, e di un mental coach che mi supporta nel mantenere la concentrazione per tutta la gara, che può durare anche sei ore. La gestione della pressione è una parte complessa della gara, perché ogni atleta ha la propria strategia. La mia, che sto ancora perfezionando, si basa sulla consapevolezza di me stesso, del mio margine di errore e del mio potenziale. Quando salgo sul trampolino, cerco di portare in gara i movimenti che ho allenato, concentrandomi passo dopo passo su ogni gesto. La chiave è essere consapevoli di ogni movimento giusto; se sbagli uno, rischi di compromettere l’intero tuffo. L’obiettivo è rendere il tuffo in gara il più simile possibile a quello fatto in allenamento, per ottenere una performance ottimale.”
Quali tecniche utilizzi per mantenere la concentrazione prima di un tuffo importante?
“La tecnica principale che mi ha insegnato il mio allenatore è la respirazione diaframmatica, fondamentale per mantenere alta la concentrazione. Questa tecnica mi aiuta a entrare in una sorta di ‘bolla’, uno stato mentale in cui riesco a gestire e integrare le mie emozioni, siano esse positive o negative. Quando mi trovo in questo stato, le emozioni sembrano mescolarsi e questo mi permette di rimanere concentrato, di ritrovare il focus. È difficile da spiegare, ma in quel momento mi sento come un robot: so esattamente cosa fare e mi concentro solo su quello. È una sorta di automatismo mentale che mi permette di essere pronto per il tuffo.”
C’è un momento specifico nella tua carriera che consideri il più memorabile o significativo?
“Ci sono stati molti momenti significativi nella mia carriera, sia positivi che negativi. Tra i momenti positivi, ci sono la vittoria del Mondiale e quella degli Europei, ma non li considero i più importanti. Come ho detto prima, ritengo che il momento più significativo sia stato quando sono riuscito ad affrontare la morte di mio padre. Quella fase è stata un vero e proprio percorso di maturità, non solo per me personalmente, ma anche per la coesione del mio team. Nonostante sia stata una situazione dolorosa, credo che ci abbia fatto crescere come gruppo e, anche se è stato un momento molto difficile, ora lo considero un punto di forza durante le gare.”
Quali sono i tuoi obiettivi futuri nel tuffo e come intendi raggiungerli?
“I miei obiettivi futuri nel tuffo sono molti e variegati, ma preferisco concentrarmi su un traguardo alla volta per rimanere sempre focalizzato. Guardando al breve termine, punto a partecipare e ottenere buoni risultati ai Mondiali di Singapore e agli Europei di quest’anno. Ovviamente, il mio sogno sarebbe vincere, ma è fondamentale mantenere i piedi per terra. Ad ogni gara, cercherò di portare a casa il miglior risultato possibile e di migliorare continuamente la qualità dei miei tuffi, puntando a una crescita costante e solida.”
Che consiglio daresti a chi è interessato a intraprendere una carriera nel tuffo?
“Consiglio di considerare seriamente l’impegno che richiede. È uno sport che non solo aiuta a crescere e a conoscere meglio se stessi, ma che, come altre discipline, ti mette alla prova e ti aiuta a scoprire chi sei realmente. Il tuffo è anche uno sport che offre una scarica di adrenalina unica: quel momento in cui sei sospeso in aria è un’esperienza irripetibile che poche altre attività possono dare. Lo consiglio vivamente a chi non soffre di vertigini e a chi ha una buona capacità di concentrazione, perché il tuffo è, prima di tutto, una sfida contro sé stessi.”
Come bilanci la tua vita personale con gli impegni di allenamento e competizione?
“La mia vita è un po’ complicata perché ho una routine intensa: mi sveglio presto la mattina e finisco tardi la sera. Questo mi lascia spesso stanco e affamato, e a volte preferisco rimanere a casa piuttosto che uscire o socializzare. Non sempre riesco a dedicare tempo ad attività che molti ragazzi della mia età fanno. Tuttavia, sono consapevole che questi sacrifici fanno parte del percorso sportivo che ho scelto, e anche se a volte mi dispiace non potermi godere a pieno questa fase della vita, accetto che sia necessario per raggiungere i miei obiettivi.”
Hai un atleta o un tuffatore che consideri un modello o un’ispirazione? Perché?
“Sì, ho due atleti che considero dei veri modelli di ispirazione. Uno è Tom Daley, tuffatore inglese che reputo uno dei più grandi della storia dei tuffi; ammiro molto il suo talento e la passione che mette in questo sport. L’altro è Cristiano Ronaldo, anche se non seguo molto il calcio. Lo considero un esempio per la sua incredibile etica del lavoro e la sua dedizione. Pur partendo da zero, Ronaldo ha raggiunto risultati straordinari, costruendo il proprio successo con sacrificio e costanza. Credo sia un riferimento importante per tutti, sia per chi segue il calcio sia per chi non lo segue.”
Quali sono gli infortuni più comuni nel tuo sport e come li previeni?
“Gli infortuni più comuni nel mio sport sono quelli alle caviglie, alla schiena e alle ginocchia. Ad esempio, ho avuto problemi ai legamenti di entrambe le caviglie e proprio prima degli Europei del 2021 mi sono infortunato, cosa che mi ha impedito di partecipare. La schiena è particolarmente soggetta a stress nei tuffi da 10 metri, mentre le ginocchia possono risentire dell’impatto e delle continue sollecitazioni. Per prevenire questi infortuni, è fondamentale dedicarsi al recupero e alla cura del corpo. Ad esempio, utilizzo la crioterapia, un trattamento che consiste nell’esporre il corpo a temperature molto basse in una sorta di “bolla d’aria” freddissima; aiuta a ridurre l’infiammazione e ad accelerare la guarigione. Anche l’acqua ghiacciata è utile per ridurre il gonfiore e alleviare il dolore. Inoltre, il riposo e un sonno adeguato sono indispensabili per permettere al corpo di recuperare. In generale, per prevenire gli infortuni bisogna lavorare su aspetti specifici, come il rafforzamento muscolare e l’attenzione ai dettagli nella tecnica, e adottare sempre un approccio prudente, prestando attenzione ai segnali del proprio corpo.”
Come affronti le critiche o i commenti negativi sul tuo operato?
“Negli anni passati, ammetto che soffrivo molto le critiche e i giudizi altrui: per me avevano un peso enorme. Tuttavia, negli ultimi tre anni ho lavorato molto su questo aspetto e ora ho imparato a dare meno importanza alle opinioni esterne, concentrandomi maggiormente su di me e sul mio lavoro. Ovviamente, ascolto sempre i feedback costruttivi, ma se ritengo che un commento non sia utile, non lo lascio influenzare il mio operato. È una fase che molti professionisti attraversano; per mantenere un certo equilibrio, è fondamentale saper distinguere tra le critiche che possono essere utili e quelle che è meglio ignorare.”
In che modo la tua esperienza nel tuffo ha influito sulla tua crescita personale e professionale?
“La mia esperienza nel tuffo ha avuto un impatto significativo sia sulla mia crescita personale che professionale. Attraverso momenti sia positivi che negativi, ho imparato molto su me stesso e su ciò che sono in grado di raggiungere. Prima di iniziare questo percorso, ero un ragazzo semplice, ma il tuffo mi ha permesso di scoprire il mio vero potenziale e di diventare più consapevole delle mie capacità. Questo sport mi ha aiutato a maturare, mi ha insegnato a lavorare con impegno e a scegliere le persone giuste di cui circondarmi. Credo che ci sia ancora tanto da imparare e sono sicuro che questa esperienza continuerà a contribuire alla mia crescita personale e professionale.”
Che cosa consiglieresti a un ragazzo che ha intenzione di iniziare una nuova esperienza sportiva?
“Consiglio innanzitutto di iniziare questo percorso con una mentalità di divertimento e curiosità. All’inizio, l’aspetto ludico e il piacere di fare sport sono fondamentali, e possono essere motivanti, proprio come ci viene spesso detto dai genitori. Tuttavia, è normale che, con il tempo, il semplice divertimento lasci spazio a sfide più impegnative. A quel punto, diventano essenziali la disciplina e la costanza, che ci aiutano a perseverare anche quando l’entusiasmo iniziale può calare. La vera crescita personale, sia fisica che mentale, arriva quando riusciamo a mantenere l’impegno anche nei momenti di difficoltà, quando forse l’attività non è più solo divertente. Per questo motivo, il mio consiglio è di cominciare con leggerezza, cercando il piacere, ma anche di sviluppare la determinazione necessaria per andare avanti quando il percorso diventa più impegnativo.”

Maria Fiorina 5E, Samuele Ranica 3A