Festival di fotografia “Noi, qui” -Monastero del Carmine, ex magazzini del Sale

Festival di fotografia “Noi, qui” -Monastero del Carmine, ex magazzini del Sale

Bergamo, Città Alta

Coraggio, futuro, emancipazione, solidarietà, immigrazione, queste e molte altre sono le tematiche che riescono a raccontare le 12 mostre fotografiche che arricchiscono le antiche mura del monastero e dell’ex magazzino.

Prima fra tutte le esposizioni quella di Deanna Dikeman che per ventisette anni ha deciso di fotografare i propri genitori nel momento in cui si rimetteva in viaggio da Sioux City, fino alla morte della madre. Riguardare queste foto l’aiutava ad affrontare la tristezza della partenza, e solo in un secondo momento diventa il progetto, adesso visibile, con il nome di “Leaving and Waving”.

Affronta una tematica differente Patrizia Rivera e “La liberazione della follia” che immortala i pazienti con problemi psichici nei loro momenti di dolce e amorevole realtà.

Julio Bittencourt racconta le favelas e l’emarginazione dei residenti sfrattati dalle proprie dimore. “In a window of prestes maia 911 building”, la storia individuale di chi abita nella più grande casa occupata al mondo.

“Io non scendo” è lo slogan che accompagna una sequenza di foto anonime, raccolte da Laura Leonelli, raffiguranti su degli alberi delle donne che hanno deciso di raggiungere un altro punto di vista per cambiare il mondo.

Lo stesso è il desiderio di Nick Brandt dopo aver visto la distruzione di Zimbabwe, Kenya e Bolivia causata dal cambiamento climatico. ”The day may break”: una serie di scatti che ritraggono le persone e gli animali che sono sopravvissuti alla catastrofe ambientale.

Regalano un po’ di colore alla mostra i collage di Cooper & Gorfer raggruppati sotto il nome di “Between these folded walls, Utopia”. Raccontano la storia di donne migrate in Svezia tra lotte, cadute, forza e ripresa.

In seguito “Apnea” di Fausto Podavini che documenta il lavoro di Medici Senza Frontiere in Ciad, “Roma Revolution” curata da Alessandro Gandolfi che concentra l’attenzione su un gruppo di ragazze romanj e la loro quotidianità, “Elementi” di Edoardo Delille che coglie la purezza del territorio che lo circonda.

Spostandosi nel secondo edificio è possibile ammirare la mostra di Sebastian Gil Miranda “Na Ponta Dos Pés”. Essa immortala una scuola allestita nelle favelas colpita da un conflitto armato. Concludono “Cover me with gold” di Gianmarco Maraviglia che ha come protagonista una squadra di calcio milanese composta da giocatori immigrati, e “Progetto Sport” realizzato da Maurizio Galimberti che ha modificato foto di alcune delle più famose icone sportive mettendo in rilievo alcune loro caratteristiche.

Federica Crapanzano 4E

QUIZ: Che tipo di innamorato sei a San Valentino?

QUIZ: Che tipo di innamorato sei a San Valentino?
  1. Qual è il tuo appuntamento ideale?
  1. A casa con la pizza e un bel film su Netflix
  2. Uno speed date molto easy
  3. Balzo, non mi piacciono gli appuntamenti
  4. In un ristorante a lume di candela

2. Cosa preferiresti ti regalasse il tuo partner a San Valentino?

  1. Una scatola di cioccolatini (anche se è Mercoledì di Quaresima)
  2. Nulla, cerco solo un partner occasionale
  3. Di un regalo materiale non mi faccio nulla
  4. Una rosa va più che bene

3. Pensi che esista l’anima gemella?

  1. Sì, però la mia non ricambia…
  2. Sinceramente non credo in queste cose
  3. Ora come ora non è il primo dei miei pensieri
  4. Certo che sì! La trovi quando meno te lo aspetti.

4. Qual è il tuo film romantico preferito?

  1. La la land
  2. Come farsi lasciare in 10 giorni
  3. 10 cose che odio di te
  4. Le pagine della nostra vita

5. Quante cotte hai preso nella tua vita?

  1. Solo una e non l’ho mai superata…
  2. Una a settimana
  3. Boh
  4. Pochissime ma intense

6. Quanto sei romantico?

  1. Troppo
  2. Preferisco i fatti alle parole
  3. Romanticismo? È un tipo di pasta?
  4. Mi piacciono i piccoli gesti dolci ma senza esagerare 

7. Come ti comporti quando ti interessa qualcuno?

  1. Sogno tutte le notti di dichiararmi, ma appena lo vedo nella vita reale scappo
  2. Cerco di farmi notare finché non si fa avanti
  3. Aspetto finché non guarisco
  4. Mi assicuro che l’interesse sia ricambiato e poi glielo dico esplicitamente

8. Come reagiresti se il tuo partner ti lasciasse?

  1. Se solo avessi un partner ci potrei pensare
  2. Posso finalmente passare a un altro
  3. Quale ragazzo dovrebbe lasciarmi?
  4. Mangerei gelato al cioccolato in pigiama sdraiata sul divano per il resto della mia vita

Maggioranza di opzioni a

A San Valentino sei la classica persona che piange tutto il giorno perché i suoi film mentali non si sono realizzati (anche se l’anno scorso ti eri ripromesso di farti avanti).

Maggioranza di opzioni b

Sei decisamente più un tipo da “incontri occasionali” e dunque per te San Valentino è un giorno qualsiasi che non necessita di festeggiamenti particolari.

Maggioranza di opzioni c

A quanto pare San Valentino non ti riguarda: l’amore non è proprio nei tuoi interessi e preferisci passare il tempo in modo diverso.

Maggioranza di opzioni d

Non vedevi l’ora che arrivasse il giorno di San Valentino per poterlo festeggiare al meglio con il tuo partner. Ormai sei l’amico del gruppo fidanzato da anni; per te l’amore è cosa sacra e da prendere sul serio.

Maria Fiorina 4^E

Giulia Pilenga 1^E

ISRAELE – PALESTINA

ISRAELE – PALESTINA

“Ti senti un ragazzo o un adulto, Yusef?” “Mi sento responsabile”.

Così un bambino palestinese risponde a Cecilia Gentile, giornalista di Repubblica,

che racconta storie di infanzie perdute nella guerra nel suo libro “Bambini all’inferno”.

Di certo una frase ad effetto, ma che per alcuni lascia il tempo che trova.

“Mi sento responsabile”: una risposta che,in fin dei conti, non ci lascia così sorpresi; è quasi “normale” pensare che in un periodo di guerra anche i ragazzi debbano attivarsi per far fronte alla difficoltà. Ma è proprio questa normalità a doverci spiazzare: essa è il simbolo del fallimento dell’uomo, abituato fin dall’alba dei tempi alla violenza, che non ha mai considerato un vero problema; ricordiamoci che meno di 80 anni fa qua in Europa si combatteva uno dei conflitti più sanguinosi della storia dell’umanità, e che con il passare degli anni ancora altri conflitti (che forse non hanno interessato direttamente noi, ma poco importa) hanno riempito di orrore gli occhi del mondo intero. E ora non è diverso: in molte parti del mondo ancora si combatte, facendo soffrire sempre più persone e popoli. E qua in occidente? Qua in occidente ci “divertiamo” a discutere di chi ha ragione e di chi ha torto, trasformandoci all’improvviso in esperti di geopolitica, perché “le guerre in Medio-Oriente servono a questo”, come ho sentito dire. Ed è per questo che la responsabilità di Yusef non ci fa inorridire, non ci fa sbiancare, non ci fa vergognare ma anzi, ci rende quasi orgogliosi, orgogliosi di sapere che un ragazzino sta combattendo per la sua patria. Un ragazzo che ha diritto a un’infanzia come quella che abbiamo avuto noi, con la possibilità di andare a scuola senza rischiare ogni giorno che 20 soldati entrino per ucciderti; oppure con la possibilità di essere medicati, di non essere abbandonati feriti sul ciglio della strada; o senza il timore continuo che una bomba ti cada sulla testa; o infine senza vedere i propri genitori uccisi per qualche ragione che non conosciamo.

Sono questi i motivi della responsabilità di Yusef, gli stessi motivi per cui noi non potremo mai sapere cosa significa davvero essere responsabili a quell’età, quanto dolore e quanta sofferenza questo comporta; la risposta di Yusef non è altro che il simbolo della nostra società, che ancora è afflitta dalla profonda piaga della violenza e che lo sarà per sempre fino a quando ci sarà qualcuno pronto a giustificare certe atrocità.

Dopo tutto questo discorso mi rimane però una domanda: c’è qualcosa che possiamo fare per evitare di essere ancora tormentati da questa crudeltà, che sembra insita nell’uomo? La risposta che ho trovato (che non si presenta come rimedio assoluto, ma solo come sua parte) è la seguente: oltre a riflettere in continuazione sulle cause delle violenze che avvengono in questo momento, abbastanza semplici da trovare, riflettiamo su come la violenza sia parte dell’indole dell’uomo, su come ne costituisca una parte dell’animo e su come, seppur spesso inconsciamente, lo influenzi. Riflettiamo su come noi stessi ci lasciamo trasportare da questo nostro istinto, e su come possiamo arginarlo e gestirlo (poiché eliminarlo è purtroppo impossibile). Riflettiamo anche sulla nostra fortuna, quella di essere nati in un posto pacifico, in cui ci sono riconosciuti i diritti fondamentali; e non lasciamoci prendere dai piccoli problemi della vita, ingigantendoli all’inverosimile come spesso vedo fare: non perché sarebbe ingiusto nei confronti di chi sta soffrendo in altri luoghi del mondo, ma perché lo sarebbe nei confronti di noi stessi e della nostra dignità, noi che abbiamo la possibilità di vivere davvero le nostre vite (chi più e chi meno, sia chiaro) e che invece ci riduciamo a lamentarci sempre di tutto, perdendo di vista i nostri obiettivi.

La mia speranza è che facendo ciò ci potrà davvero essere un futuro in cui il prossimo Yusef dovrà sentirsi responsabile solo di riuscire a vivere a pieno la sua infanzia, senza soffrire per colpa di cose che non sa spiegarsi e di persone che non conosce.

Bambino gioca con un palloncino sopra le rovine di un palazzo

Bambina salta la corda davanti a 2 edifici edifici bombardati

Bambino guarda spaventato la canna del fucile di un soldato

Articolo scritto in collaborazione con commissione arte che ha selezionato le foto presenti.
Alessandro Morandi 4A

Un mito nella moda: Jane Birkin

Un mito nella moda: Jane Birkin

Jane Birkin era una cantante, attrice e icona di stile ed eleganza. Di origine britannica, nacque nel ‘46 a Londra. L’approccio con il mondo dello spettacolo avvenne quando la giovane Jane scoprì di nutrire un forte interesse per il teatro, infatti a 17 anni decise di intraprendere questo percorso. Iniziò quindi a cantare in alcuni musical, incitata da John Barry, noto compositore inglese che 2 anni dopo divenne suo marito.

Il debutto cinematografico di Jane Birkin avvenne con la pellicola Non tutti ce l’hanno, sotto la direzione di Richard Lester, ma è con il film successivo, Blow-Up, diretto da Michelangelo Antonioni, che diventò un personaggio molto discusso nel panorama inglese, a causa di una scena in topless. La cantante decise così di abbandonare l’Inghilterra e andare a vivere in Francia. Qui, nel ‘68, durante le riprese del film Slogan, incontrò il musicista Serge Gainsbourg. Un colpo di fulmine per entrambi: un amore che durò fino al ‘80. Poco dopo il loro incontro, la coppia ottenne grande popolarità grazie al brano Je t’aime…moi non plus. Tale canzone, ai quei tempi, fu oggetto di scandalo per la presenza dei gemiti della Birkin, non passò inoltre inosservato il testo dal carattere esplicito. La successiva storia d’amore, quella con il regista francese Jacques Doillon, spinse la Birkin ad abbandonare la sua immagine di ragazza sexy e sbarazzina. Con l’aiuto di Doillon, Birkin dimostrò di essere in grado di recitare anche ruoli più complessi.

Successivamente, insieme alla sua terzogenita, Jane lanciò una linea di abbigliamento per la casa di moda “La Redoute“. Nel 1983, su un volo Air France Parigi-Londra, Jean-Louis Dumas, a capo di Hermès, si ritrovò ad avere come vicina di posto Jane. Tra loro, subito, iniziò una conversazione vivace, fatta di scambi di idee e intuizioni. Fino a che l’agenda di Jane non le cadde dalle mani, spargendo ovunque gli appunti: «Nessuna agenda e nessuna borsa riescono a contenere tutti i miei fogli» dice lei. E Jean le promette di creare apposta per lei una borsa che sia capiente e allo stesso tempo elegante. Nel ‘84 nacque così un mito della moda, la leggendaria Birkin, consacrato dalla sua comparsa al braccio delle donne più ammirate della fine del Novecento e dall’alta desiderabilità data dall’essere sì raggiungibile, ma a patto di essere disposte ad accettare liste di attesa lunghissime. Nel ‘87 Birkin scelse di allontanarsi dal mondo del cinema per dedicarsi esclusivamente al teatro.

Il 16 luglio 2023, a 76 anni,  Jane Birkin è stata trovata senza vita nella sua casa a Parigi. Le cause della sua morte sono ancora ignote. Sappiamo solo che nel 2002 aveva vinto la battaglia contro la leucemia e che nel 2021 aveva avuto un lieve ictus. Ci sono mille motivi, più o meno razionali, per adorare Jane Birkin: lanciandosi nella mischia senza mai abbandonare una sorta di garbata provocazione, ha imposto una visione singolare e personalissima della femminilità, non è mai apparsa schiava delle tendenze. Al contrario, è affascinante il modo in cui ha influenzato la moda fin dagli anni Sessanta, con quel suo «effortless chic» che va in direzione opposta ai codici tradizionali e le ha dato un vantaggio di mezzo secolo su tutti gli altri. Jane Birkin era tutto tranne che una musa professionista, ma è diventata un’icona di stile quasi suo malgrado. Jane ha definito il significato di bohemien cool e, soprattutto, ha incarnato il concetto di fiducia in sé e di libertà, qualità che si riflettevano nelle sue scelte di abbigliamento, anche quando indossava molto poco. Falsa ingenua ma autentica lolita (anche se era già madre), ha imposto il cestino di vimini anche sulla scalinata di Cannes, le frange, i corti, le trasparenze, il denim, la maglietta o il maglione abbondante che lasciava scoperta la spalla e la voce acuta sussurrante, sempre sul punto di incrinarsi. La sicurezza fa parte del suo stile. Non si separava mai dal suo cesto di vimini portoghese, acquistato in un mercato londinese, non importava se le venisse vietato l’ingresso in locali chic come il Maxim’s. 

Ginevra Sansoni 4C

Mariasole Marro 5B

Giulia Klizia Bracco 4C

PLAYLIST DEL MESE – NOVEMBRE 2023

PLAYLIST DEL MESE – NOVEMBRE 2023

Ciao a tutti, ecco la playlist del mese di novembre, enjoy.

“Good looking” – Suki Waterhouse

Con un testo bellissimo e una melodia fantastica, questa canzone è perfetta sia per cantare a squarciagola che per qualche sessione di pianto.

“Now and Then” – The Beatles

Non avrei mai pensato di poterlo dire ma:

Hanno droppato i Beatles

“Mardy Bum” – Arctic Monkeys

Direttamente dal loro primo album, pezzo iconico e con un testo davvero bello e profondo. Se vuoi iniziare ad ascoltare gli Arctic Monkeys, questo è uno dei pezzi fondamentali. 

“Black Hole Sun” – Soundgarden

Sound grunge di Seattle anni ‘90 puro, canzone meravigliosa che riesce a farti passare attraverso i momenti più difficili.

“Charlie Don’t Surf” – The Clash

Una delle canzoni più sottovalutate dei Clash da uno dei loro album più sottovalutati.

La canzone si ispira all iconica frase pronunciata dal colonnello Kilgore in Apocalypse Now.

“The American Dream Is Killing Me” – Green Day

Finalmente uscirà anche il nuovo album dei Green Day e questo singolo promette molto bene, classico sound pop-punk sempre apprezzato.

“Dentista Croazia” – Pinguini Tattici Nucleari

La storia di un furgone imbarazzante, la storia di un sogno di una vita, la storia di un gruppo di provincia che ha fatto strada. È una canzone d’amore dedicata agli inizi 

della band. Impossibile non conoscerla.

“Tutti ” – Calcutta

Non so se fa più piangere il ritornello che ci ricorda che siamo “tutti falliti” o il “triste pensare che noi, noi due non saremo niente”. Se volete farvi un bel piantino questa è la canzone adatta.

“15 Piani ” – Sfera Ebbasta 

Nuovo album di Sfera subito primo nelle classifiche, e questo pezzo è uno di quelli che sta spingendo di più. 

Questa canzone rappresenta anche perfettamente la maturazione di Sfera come uomo e artista. 

“You Really Got Me” – The Kinks

Torniamo negli anni ‘60 con questo pezzo famosissimo e con uno dei riff di chitarra più iconici e belli di sempre.

Canzone che ti sveglia e carica a mille ogni volta che la ascolti.

Questi sono i dieci pezzi che ho apprezzato di più questo mese, ricordatevi che potete trovare tutte le playlist del mese sull’account di Cassandra e su Instagram @cassandrailgiornale, a presto.

Matteo Folci VD

IL MITO DI CASSANDRA

IL MITO DI CASSANDRA

Cassandra, nel mito, era considerata un personaggio che rappresentava le persone in grado di fare previsioni sul futuro. Questo mito era stato tramandato oralmente per tradizione a tutta la popolazione, tutti conoscevano quindi la fine. Ancora oggi nella psicologia, è usato per descrivere la sindrome di Cassandra: patologia che porta a formulare profezie avverse sul proprio futuro o su quello degli altri. 

Cassandra era una veggente troiana, era in grado di prevedere il futuro ma nessuno le credeva, tutti ignoravano le sue previsioni, poiché erano generalmente catastrofiche. Era anche riuscita a prevedere la distruzione della città di Troia.

Cassandra, figlia di Priamo e sorella di Ettore, viene citata in Omero soprattutto nei testi successivi all’Iliade che parlavano degli avvenimenti del poema omerico, soprattutto nell’ “Agamennone” di Eschilo, uno tra i più noti dei poemi del ciclo eroico. Nell’ “Iliade” viene menzionata solamente 2 volte: inizialmente Cassandra era stata promessa ad un alleato troiano (che poi muore successivamente) con cui Priamo  avrebbe stabilito un’alleanza. In seguito, è la prima ad accorgersi sia del rientro a Troia di Priamo sia del carro dove è trasportato il corpo di Ettore; viene quindi citata di nuovo durante il funerale di Ettore mentre intona alcuni lamenti troiani.

La veggente, la quale ha respinto l’approccio del dio Apollo, però, avrà un destino infelice poiché sarà una promessa sposa che non raggiungerà mai il matrimonio.

La vergine aveva subito una violenza in un tempio; Neottolemo aveva ucciso Achille sull’altare di Zeus, successivamente Aiace ha fatto violenza su di lei nel tempio di Atena. Aiace commette quindi una violenza non solo nei confronti di Cassandra, ma anche nei confronti di Atena, la quale, assumendo le sembianze di una statua, volendosi vendicare dell’offesa ricevuta, non gli concede il ritorno in patria, poiché ha commesso una violenza in un luogo sacro. Qui si nota la sfrontatezza di Aiace che continua lo stesso a non avere paura della figlia di Zeus.

Il destino delle donne durante una guerra era quello di diventare schiave di un guerriero. Erano considerate ‘principesse’ solo le donne assegnate a eroi importanti. Cassandra, riportata in patria poiché le aspettava il destino peggiore, ovvero la morte, era stata assegnata ad Agamennone. Nel frattempo la moglie di Agamennone, durante la lunga assenza del marito, si è risposata con Egisto e non voleva accogliere Agamennone. Egli infatti aveva dovuto uccidere una delle loro figlie per volere della dea Artemide, protettrice della verginità e della pudicizia,la quale richiese il sacrificio umano, o la rinuncia alla spedizione troiana. La moglie Clitemnestra ordisce quindi la morte di Agamennone con un inganno, per poi uccidere anche Cassandra.

Anche nell’ “Odissea” è presente  qualche riferimento di Cassandra, in particolare nell’XI canto. Nel poema, Cassandra non è considerata un’eroina, è solo un’indovina, una sacerdotessa, una donna sacra uccisa da Clitemnestra, secondo anche l’opinione dei poeti tragici, tra cui Eschilo. Nella prima tragedia di Eschilo, “La morte di Agamennone”, Cassandra compare per la prima volta in qualità di profetessa, vaticinando la sua morte e quella di Agamennone dopo essere entrata a casa di Clitemnestra. Cassandra esordisce sulla scena in silenzio, in segno della sua incomunicabilità. Nell’opera non c’è traccia della violenza di Aiace e non viene nemmeno considerata “vergine”.

Il coro durante i funerali di Ettore si chiede perché Cassandra abbia invocato proprio Apollo per i canti funebri (tipica attività femminile, importante soprattutto nel mito, nella letteratura e nella pittura), nonostante non sia un dio a cui si addicono i canti funebri. Ed è proprio il coro infatti a soprannominarla ‘profetessa’ per questa ragione. Cassandra scelse proprio Apollo per i canti funebri perché lei aveva già previsto la sua morte.

Un altro dei poemi tragici più importanti è “Le troiane” di Euripide, una tragedia contemporanea in cui ciascun episodio è dedicato a una donna troiana. Apollo protegge la fanciulla e l’ira della profetessa è concentrata su Agamennone. Cassandra risulta quindi essere vittima senza pudore degli uomini. Agamennone pagherà per aver preso come concubina una vergine, votata al matrimonio con il dio Apollo, e allo stesso modo pagherà Aiace. Il rapimento e l’oltraggio saranno fatali, sia per Agamennone che per Aiace. 

Cassandra è dunque una figura paradigmatica, poiché racchiude in se, e nella sua sorte, tutte le voci femminili della tragedia greca.


Marta Capuano 3C